Recensione: Un viaggiatore italiano dell’800. Dal Borneo al Giappone
Paolo Puddinu (a cura di), Un viaggiatore italiano in Borneo nel 1873, Il Giornale Particolare di Giacomo Bove (Parte I), Regione Piemonte, Provincia di Asti, Astigrafica 2014.
Paolo Puddinu (a cura di), Un viaggiatore italiano in Giappone nel 1873, Il Giornale Particolare di Giacomo Bove (Parte II), Ieoka, Sassari, 1999.
Il libro curato da Paolo Puddinu, Un viaggiatore italiano in Borneo nel 1873, Il Giornale Particolare di Giacomo Bove (parte I), è lo studio della prima parte di un diario personale scritto dal cadetto della Marina Militare italiana, Giacomo Bove, durante una missione di esplorazione in Borneo. Il Giornale Particolare, il diario di bordo che, secondo una tradizione ancora in auge nella Marina Militare, tutti i componenti dell’equipaggio devono scrivere durante la navigazione, fu redatto a bordo della pirocorvetta a ruote della Regia Marina Italiana, “Governolo”.
L’opera di Puddinu va a completare un corpus composto di due parti. La prima parte del Giornale Particolare inizia con la narrazione dei giorni antecedenti la partenza della missione dal porto di La Spezia, il 13 dicembre 1872 e si interrompe l’8 maggio 1873, quando la “Governolo” si trovava in viaggio di trasferimento, dall’arcipelago delle isole Sulu al Giappone. La seconda parte del diario, pubblicata sempre da Paolo Puddinu nel 1999, riprende la narrazione del viaggio che portò la nave italiana fino al Giappone. Di qui, dopo una sosta di quasi quattro mesi, la pirocorvetta rientrò in Italia, nel porto di La Spezia, il 28 febbraio 1874.
In quel periodo il governo italiano aveva dato vita a numerose missioni internazionali per valutare la possibilità di inserirsi nell’alveo della politica imperialista europea e per conquistare territori oltre mare. In Asia Orientale erano state allacciate buone relazioni con il Giappone, la Cina, il Siam e la Birmania e, durante un viaggio di esplorazione nel Borneo della nave “Clotilde”, nel 1868, erano state individuate alcune zone nelle quali realizzare una colonia. Il proposito italiano, in quell’occasione, si era scontrato con l’opposizione della Gran Bretagna. Per questo motivo, la nuova missione della “Governolo”, a cui si accompagnava anche una nave più piccola, la “Vedetta”, doveva svolgersi nella massima segretezza.
La pubblicazione della prima parte del Giornale Particolare è legata al recente, quanto casuale, ritrovamento del manoscritto presso un antiquario italiano, manoscritto successivamente acquistato dalla Regione Piemonte e affidato a Paolo Puddinu per lo studio dei contenuti. Con questo volume si viene a colmare una lacuna nella grande produzione narrativa di Giacomo Bove. A distanza di pochi anni da quella missione, infatti, dopo altri viaggi di esplorazione intorno al mondo, dal Polo Nord alla Patagonia e al Congo, Giacomo Bove diventò uno dei più famosi esploratori italiani. La sua fama derivava, oltre che dalle sue intrepide imprese, dalla sua abilità nel raccontarle sia nei suoi libri, pubblicati in varie edizioni nell’Ottocento, sia nelle numerose conferenze da lui tenute in Italia e all’estero. Inoltre, non è da trascurare la cassa di risonanza che le opere del romanziere Emilio Salgari, ambientate nel Borneo, ispirate dai racconti di Bove, hanno avuto sulla celebrità dell’esploratore italiano.
Il libro di Puddinu riporta la versione integrale del giornale particolare di Bove, annotata dal curatore e preceduta da cinque capitoli introduttivi, sempre ad opera di Puddinu. Nel primo capitolo introduttivo, Puddinu descrive le vicende rocambolesche relative al ritrovamento del manoscritto, visto che gli sforzi profusi dalla comunità scientifica e dagli appassionati per ritrovarlo erano stati per lungo tempo vani. In merito alla vicenda della scomparsa del giornale di Bove, Puddinu propone nelle sue riflessioni anche alcune ipotesi, fondate sull’analisi di documenti provenienti da archivi privati e da quelli della Società Geografica Italiana. Secondo Puddinu, la probabile causa della scomparsa del volume originale è legata ai tentativi da parte dei discendenti di altri componenti della spedizione di nascondere il giornale di Bove, al fine di plagiarne i contenuti. Nel secondo capitolo, si espongono le caratteristiche generali del manoscritto che, pur essendo stato conservato in eccellente stato, manca di alcune pagine. Talvolta, per una maldestra opera di rifilatura del rilegatore, in alcune parti, sono state tagliate alcune righe. Tuttavia, il volume originale ha conservato intatta la grande parte del manoscritto, oltre a tutti i disegni, le mappe, gli schizzi e alcune fotografie originali, incollate nelle pagine dallo stesso Bove. Ciò ha facilitato la pur complessa opera “paleografica” del curatore del volume. L’edizione di Puddinu, infatti, ricostruisce fedelmente l’impaginazione di Bove, la disposizione dei testi, dei titoli, degli “a capo” e l’interpunzione, conservando nel contempo gli errori di ortografia, le imprecisioni e le ripetizioni dell’autore. Il medesimo criterio è stato impiegato per la riproduzione dei disegni, delle mappe, delle fotografie e delle didascalie, restituendo in questo modo al lettore un’opera il più possibile simile all’originale.
Nel terzo capitolo, Puddinu ha ricostruito la biografia di Giacomo Bove, grazie anche alle notizie che lo stesso Bove ha riportato nel suo diario, relative alla sua infanzia e al rapporto con la sua famiglia. Nel capitolo che segue, poi, è riportata un’esauriente bibliografia delle opere di e su Giacomo Bove pubblicate in Italia e all’estero.
I due capitoli conclusivi della parte introduttiva sono dedicati alle relazioni del giovane Regno d’Italia con le potenze europee e alle relazioni dei paesi europei con quelli asiatici. Nel primo di questi due capitoli, in particolare, è stato delineato da Puddinu un quadro storico generale della politica internazionale italiana nel periodo in cui iniziava la missione di esplorazione nel Borneo. Nel successivo capitolo, elaborato da chi scrive, sono state analizzate le relazioni internazionali incentrate sul Borneo alla fine dell’Ottocento.
Attraverso una ricostruzione accurata e minuziosa del processo decisionale ministeriale di condurre una missione esplorativa in Borneo, Puddinu analizza i primi passi della politica di espansione coloniale italiana dopo l’unità d’Italia. L’utilizzo di fonti tratte dagli archivi diplomatici del Ministero degli Affari Esteri e dell’Ufficio Storico della Marina Militare Italiana, oltre che da carteggi privati, ha consentito al curatore del volume di restituire le ambizioni della classe politica italiana – anche se non sempre condivise dai ministri dello stesso governo – di fronte al tentativo di inaugurare una politica colonialista. I dubbi e le opposizioni di alcuni gruppi politici di fronte all’organizzazione di una missione densa di pericoli e di incognite, come quella nel Borneo, erano stati agilmente superati dai diplomatici italiani. La ricostruzione storica di Puddinu, in questo capitolo, dimostra, tuttavia, l’ingenuità e la poca esperienza nell’ambito internazionale di quegli stessi diplomatici. L’entusiasmo, seguìto all’allacciamento delle prime relazioni diplomatiche con i governi asiatici, infatti, aveva portato la classe politica italiana a sottovalutare l’opposizione che le grandi potenze imperialiste avrebbero sollevato di fronte ai tentativi italiani di realizzare una colonia nel Borneo. La ricostruzione storica dell’opposizione da parte degli Stati Uniti, dell’Olanda e, in particolare, della Gran Bretagna al progetto italiano, ben documentata da Puddinu, costituisce il nodo cruciale entro cui si svolge l’intera vicenda della missione in Borneo.
Da questo punto di vista, il diario di Bove costituisce una fonte diplomatica di grande importanza, poiché i racconti delle difficoltà diplomatiche, che il comando della spedizione incontrò in occasione delle soste a Point de Galles, a Penang e a Singapore, risultano, dalla lettura del diario, essere il riflesso puntuale della scarsa abilità e delle difficoltà interne del governo di Roma. Bove, grazie al suo rapporto di amicizia con il comandante della missione, Enrico Accinni, aveva partecipato a tutte le riunioni e a tutti gli incontri tra il comando italiano della missione e i rappresentanti diplomatici europei in Asia. Di conseguenza, nel diario sono da un lato ricostruite le trattative tra i rappresentanti diplomatici e, dall’altro, sono riportati i commenti che seguivano tra i responsabili italiani, una volta terminati tali incontri.
L’inquadramento degli eventi raccontati nel diario è facilitata dalle annotazioni del curatore, che costituiscono una vera e propria bussola per orientarsi sui luoghi visitati da Bove, spesso riportati nel diario in maniera errata (a causa della trascrizione non scientifica dei nomi locali) o con denominazioni che, per il lettore di oggi, sono oramai desuete. Inoltre, la puntuale ricostruzione da parte del curatore dei numerosi profili biografici dei personaggi che Bove incontrò durante il suo viaggio aiuta il lettore a capire meglio il contesto descritto dal viaggiatore. Altrettanto importante, infine, appare lo studio, da parte del curatore, dei racconti storici di Bove. In alcune parti del suo giornale, infatti, Bove riporta fatti accaduti prima del suo arrivo, come per esempio la rivolta dei cinesi di Bau a Kuching (la stessa rivolta che fa da sfondo alla conclusione de I pirati della Malesia di Emilio Salgari). Tali resoconti storici sono frutto in parte di letture di libri inglesi, in parte di resoconti ascoltati da vari personaggi incontrati nel viaggio. I fatti descritti da Bove, in molti casi, sono stati analizzati e confrontati dal curatore con un’ampia letteratura di viaggio italiana e straniera, attraverso la quale Puddinu ha potuto verificare la veridicità o l’imprecisione degli episodi descritti.
Nel complesso, l’intero diario di Bove, cioè l’insieme della prima e della seconda parte, riveste un’importanza storiografica di alto livello. Innanzitutto consente una progressiva umanizzazione di un breve periodo della vicenda colonizzatrice italiana, dopo l’unificazione del regno. La “storia di vita”, intesa come rappresentazione dell’evento, si intreccia così con la storia degli eventi. In sostanza si tratta di una frammento di vita privata che diventa fonte storica importante nella ricostruzione sia delle relazioni diplomatiche italiane, durante la missione, sia delle condizioni socio-economiche dei paesi asiatici, visitati durante il viaggio. Le descrizioni minuziose dei quartieri delle grandi città, così come delle povere abitazioni dei villaggi sperduti ai piedi del Kinabalu, o i disegni delle residenze o dei costumi dei capi villaggio, non solo conservano la memoria di una realtà poco conosciuta, ma finiscono per diventare una pietra di paragone con le miserie e le difficoltà dell’Italia appena unita. Appare infatti evidente come per Bove, un giovane di appena vent’anni, il cui spirito di osservazione sorprende per la piena maturità, i valori del mondo malese non fossero né inferiori né superiori ai valori dell’Occidente o delle altre civiltà asiatiche, ma, semplicemente, diversi.
In definitiva, il Giornale Particolare di Giacomo Bove, offre agli studiosi un’ulteriore possibilità di superare la visione orientalista che, per lungo tempo, ha caratterizzato in Italia e in Europa gli studi delle civiltà extra-europee. Il diario di Bove, attraverso le informazioni che dà e le riflessioni che le accompagnano, rappresenta, infatti, una chiara dimostrazione della fallacia dell’essenzialismo, cioè dell’idea vetero-orientalista che esista un’“essenza” che caratterizza le civiltà asiatiche, sostanzialmente immutabile e fondamentalmente estranea e irriducibile rispetto alla “civiltà occidentale”.