Nepal, la difficile costruzione della nazione: un paese senza costituzione e un Parlamento senza primo ministro
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1. Premessa
Questo articolo esamina la situazione del Nepal dal febbraio 2009 al dicembre 2010. Nonostante la dichiarata intenzione dei maggiori partiti – che dall’aprile 2008 fanno parte dell’assemblea costituente – di scrivere la nuova costituzione per rimpiazzare quella ad interim nel giro di due anni, la scadenza del 2010 per la promulgazione del nuovo testo non è stata rispettata. La nuova data che è stata fissata è il maggio 2011. Il primo ministro Pushpa Kamal Dahal, l’ex «compagno» Prachanda, segretario dell’Unified Communist Party of Nepal (Maoist), nel maggio 2009 si è dimesso dopo aver tentato, senza successo, di imporre l’integrazione degli ex combattenti dell’esercito maoista, il People’s Liberation Army (PLA), nelle fila dell’esercito regolare. Alla fine dello stesso mese è stato nominato primo ministro Madhav Kumar Nepal, del Communist Party of Nepal (Unified Marxist-Leninist), che si è messo alla testa di un governo di coalizione. Nepal è rimasto in carica per poco più di un anno, fino al 30 giugno 2010, come vedremo a causa dell’opposizione dell’Unified Communist Party of Nepal (Maoist), che rimane il partito di maggioranza relativa. Da allora la carica di primo ministro è vacante e c’è un governo ad interim.
Con un vuoto sostanziale di potere e un governo instabile e provvisorio, una costituzione ad interim, l’economia in condizioni difficili, la povertà diffusa e l’insicurezza dovuta alla situazione politica (acutizzata da manifestazioni di piazza e da scioperi), nonché, infine, con le rivendicazioni di autonomia di vari gruppi etnici, si fanno sempre più numerosi i fautori del ritorno alla monarchia. L’opinione comune è che la democrazia stia portando il paese all’anarchia.
2. Il dibattito sulla nuova costituzione
I maggiori partiti dell’assemblea costituente – cioè l’Unified Communist Party of Nepal (Maoist) risultato dall’unione fra il Communist Party of Nepal (Maoist) e il Communist Party of Nepal (Unity Centre-Masal) avvenuta nel gennaio 2009, il Communist Party of Nepal (Unified Marxist-Leninist) e il Nepali Congress – avevano concordato di redigere la nuova costituzione per rimpiazzare quella ad interim, promulgata il 15 gennaio 2007, nel giro di due anni. Era chiaro a tutti che, senza una legislazione permanente su tutti i maggiori temi, il paese sarebbe scivolato in una sorta di anarchia in cui ogni gruppo, etnico o altrimenti costituito, avrebbe scatenato una lotta di tutti contro tutti, nel tentativo di accaparrarsi più spazi possibili nel nuovo assetto politico e amministrativo.
L’assemblea costituente è a tutt’oggi il corpo più rappresentativo di partiti politici e gruppi, anche minoritari, dell’intera storia del Nepal. Nel dicembre 2010 l’assemblea stava discutendo i Concept Papers, che i comitati tematici (Thematic Committees) avevano sviluppato nel corso degli ultimi tre anni. Infatti, uno dei primi atti dell’assemblea costituente era stato quello di organizzare undici comitati tematici, ciascuno dei quali responsabile di redigere una parte della bozza di costituzione relativa al tema a loro assegnato. Il Concept Paper fornisce le informazioni che il comitato pensa debbano essere incluse nella costituzione.
Questi comitati tematici sono 11: il comitato costituzionale, quello per la salvaguardia dell’interesse nazionale, quello per la determinazione del corpo legislativo, quello per stabilire la base della solidarietà sociale e culturale, quello per la distribuzione delle risorse naturali, dei diritti finanziari e delle entrate erariali, quello per determinare la struttura del corpo costituzionale, quello per il sistema giudiziario, quello per determinare la forma di governo dello stato, quello per la protezione dei diritti delle minoranze e delle comunità marginalizzate, quello sui diritti fondamentali e i principi direttivi, quello sulla ristrutturazione dello stato [W/CCD, «Consti- tuent Assembly Rules, 2065 (2008)»].
3. Punti di accordo sui diritti fondamentali
Uno degli 11 comitati e, probabilmente, il più importante, è il comitato costituzionale (CC), che ha la responsabilità di condensare entro il 5 marzo 2011 tutti gli articoli forniti dai comitati in una bozza costituzionale unificata. Infatti, nonostante le buone intenzioni di emanare la nuova costituzione entro due anni dalla promulgazione di quella ad interim del 15 gennaio 2007, la scadenza è stata rimandata al maggio 2011. Il CC ha formato un sotto comitato di dieci membri per suggerire una bozza preliminare dei contenuti della nuova costituzione. Stranamente, a capo del sotto comitato non c’è un giudice o un esperto di diritto ma Barsha Man Pun, detto Ananta, cioè «senza fine», che, durante la guerra civile, era il vice comandante supremo dell’Esercito di Liberazione Popolare Maoista e stretto confidente di Pushpa Kamal Dahal.
Nonostante le molte difficoltà in proposito, quando i comitati dell’assemblea costituente sono stati stabiliti, nel gennaio del 2009, sono stati specificati, per ognuno di essi, i termini di riferimento (Terms of Reference o TORs). Dei 68 TORs, 63 sono già stati incorporati nelle clausole provvisorie dei Concept Papers. Benché ci siano significativi punti di disaccordo fra i membri di alcuni comitati, c’è stato un generale e pronto consenso sulla maggior parte delle questioni fondamentali. Uno dei punti di accordo è stato il diritto all’autodeterminazione amministrativa di ogni provincia e governo locale in merito allo sviluppo politico, economico, sociale e culturale, limitato solo dall’integrità nazionale. Un altro punto fondamentale è stato ribadire che il Nepal è uno stato multietnico, multilingue, multireligioso, federale, democratico, repubblicano, laico, con un parlamento eletto in base ad un sistema proporzionale, libero da discriminazioni e inclusivo. Un tema molto sentito è quello della cittadinanza, che ora può essere acquisita sia da parte paterna sia da parte materna; un altro tema molto sentito è quello dei diritti dei transessuali.
Tutti d’accordo anche sul principio dell’uguaglianza e della non discriminazione, da perseguire anche attraverso misure di discriminazione positiva. Unanimità anche sul diritto all’istruzione libera per tutti fino alle scuole superiori incluse e sul diritto di ogni comunità, famiglia e singolo individuo di seguire e professare la propria cultura etnica di appartenenza.
Particolare attenzione, vista la composizione multietnica del paese, è stata data al tema dell’uguaglianza di tutte le lingue e del rispetto per la diversità linguistica e culturale. Infatti, la lingua nazionale è il nepali, ma le province possono utilizzare la lingua locale e possono comunicare fra loro in qualsiasi lingua. Inoltre le comunità hanno il diritto di usare la propria lingua e di tutelare la propria cultura. Gli individui, dal canto loro, possono parlare la lingua madre in tutte le occasioni pubbliche, anche nei tribunali, dove hanno diritto a un traduttore.
Il principio base dell’inclusione nella diversità è stato accettato da tutti i membri dell’assemblea ed è stato specificato che tutti i gruppi indigeni hanno diritto alla loro identità e al «rispettoso accesso» alle risorse naturali, che rappresentano al momento l’unico bene del paese, quando ciò sia reso necessario dalla dipendenza della singola comunità dalle risorse in questione. Un altro punto di sostanziale accordo è stato l’abrogazione dell’intoccabilità e delle altre discriminazioni su base castale e di genere. Questo principio è rafforzato dall’indicazione di introdurre misure di discriminazione positiva per le donne e per i dalit (fuoricasta).
Oltre a quelle già riconosciute dalla costituzione ad interim, sono state create sei nuove commissioni: per le donne, per gli adivasi (i tribali) e i janajati (le «nazionalità indigene»), per i dalit, per i madhesi (la comunità di pianura della fascia del Terai che nel 2007 si è resa protagonista di proteste e rivolte), per i musulmani e gli abitanti delle regioni arretrate. Lo stato si deve fare garante sia della distribuzione delle risorse disponibili sulla base della giustizia, sia della rimozione di tutte le diseguaglianze economiche e sociali. Per questo motivo è stato fissato il principio base secondo cui devono essere garantite le cure mediche a donne, vecchi, disabili, poveri e tribali.
Un altro punto di accordo unanime è stato il riconoscimento e la riabilitazione del martiri della guerra civile, delle loro famiglie e dei disabili, anche attraverso politiche di discriminazione positiva. Anche questo è un principio volto specialmente a favorire gli ex combattenti maoisti e i soldati mutilati e/o malati.
È stata anche ratificata la legge sul diritto di informazione, approvata nel 2006, che stabilisce che, con l’eccezione di quello che nuoce all’interesse comune, tutta l’informazione debba essere di pubblico dominio [W/NM].
C’è stato un accordo unanime anche sul fatto che l’assemblea costituente deve proteggere la costituzione in modo che non sia soggetta a facili cambiamenti da parte di chi governa e che sia addirittura impossibile cambiarne alcune parti. È ancora incerto però se questi eventuali emendamenti alla costituzione, per essere apportati, debbano essere approvati dalla maggioranza del parlamento o dalla popolazione avente diritto al voto, tramite un referendum.
4. L’inclusione dei gruppi marginalizzati nel processo costituzionale
I membri dell’assemblea costituente hanno fatto grandi sforzi per completare gli undici Concept Papers entro il 2010 e, per questo motivo, hanno formato 47 sotto comitati e 18 gruppi di lavoro. Fino al dicembre 2010 i comitati si sono riuniti 682 volte e hanno scritto relazioni per un totale di 2.933 pagine, di cui la più lunga è stata quella del comitato sui diritti fondamentali e i principi direttivi (560 pagine). Questo mostra l’attenzione di tutti i partiti per formare una democrazia che, già nella costituzione, tenga conto dei diritti di tutti i gruppi marginalizzati.
A questo proposito bisogna notare che tre comitati su 11 sono diretti da donne, mentre cinque sono diretti da janajati (cioè, come si è già ricordato, sono le «nazionalità indigene», ovvero le varie et- nie, dichiarate appunto tali nella costituzione del 2007, quali gli sherpa, i tamang, i thapa, i magar, i rai e così via). In particolare, un comitato è diretto da un’esponente di nazionalità taru e uno da un esponente di nazionalità newar. Inoltre, quattro comitati sono diretti da bramini (incluso un bramino del Terai) e due da madhesi (incluso un dalit). Alla testa di sette comitati su 11 ci sono quindi i rappresentanti di gruppi storicamente lontani dal potere, che vivono nella foresta della fascia meridionale del Terai o sui monti, o che sono marginalizzati a livello politico e amministrativo, con un difficile accesso alla cultura e alla gestione delle risorse.
Come ha dichiarato l’avvocato della corte suprema Pushpa Bhusal, membro dell’assemblea costituente per il Nepali Congress, la nuova costituzione è orientata al rispetto dei diritti fondamentali delle donne e dei gruppi più arretrati, tuttavia c’è sempre il pericolo che i lavori delle varie commissioni siano invalidati dalle lobby dei comitati capeggiati dai maschi appartenenti ai gruppi socialmente ed economicamente dominanti. Inoltre, dopo la promulgazione della prima bozza della costituzione definitiva, ci vorranno fra i due e i quattro anni per formulare le leggi fondamentali, per costituire il codice civile e penale e per stabilire le strutture di base delineate dalla legge. Questo processo sta portando alla focalizzazione degli interessi e delle risorse ma, nel frattempo, il paese non si ferma: piuttosto, come vedremo, vengono messe da parte le misure volte a favorirne lo sviluppo sociale ed economico, come vedremo nei paragrafi seguenti [Jha 2010].
5. Punti di disaccordo: la promulgazione della bozza viene rimandata
I punti più importanti che hanno causato il disaccordo fra i membri dell’assemblea costituente sono quelli concernenti il sistema di governo. Infatti l’Unified Communist Party of Nepal (Maoist) vorrebbe un presidente eletto direttamente, a capo di un governo che includa tutti i partiti in un’unica camera parlamentare; gli altri due partiti maggiori, il Communist Party of Nepal (Unified Marxist-Leninist) e il Nepali Congress, vorrebbero invece un sistema parlamentare con a capo un primo ministro e un presidente della repubblica eletto da un parlamento bicamerale e dalle assemblee provinciali; questo in modo da non marginalizzare le regioni del Nepal più distanti dal potere centrale. I maoisti vorrebbero inoltre che il parlamento avesse un ruolo decisivo nella nomina dei giudici della Corte suprema, mentre gli altri partiti e gli appartenenti al sistema giudiziario e legale esistente vorrebbero che fossero riconfermati la struttura e le procedure in uso, secondo cui il presidente della Corte suprema è nominato dal presidente della repubblica, previa raccomandazione del Consiglio costituzionale. È il presidente della Corte suprema poi che nomina, sempre previa raccomandazione del Consiglio costituzionale, i 14 giudici della corte stessa.
Un punto su cui il disaccordo è totale e su cui, alla fine del 2010, non si era trovata una soluzione soddisfacente è il numero, il nome e i confini delle future province, nonché la garanzia di proporzionalità per caste/etnie, regioni e donne. Non è chiaro, infatti, se la rappresentatività debba essere proporzionale alla consistenza demografica o se i gruppi svantaggiati debbano essere iperrappresentati.
Vi sono altre questioni che, pur di raggiungere un accordo di base e procedere con i lavori, i Concept Papers hanno evitato di trattare. Queste includono la transizione al federalismo, i dettagli che riguardano le regioni autonome, protette e speciali e i problemi riguardanti la sicurezza interna.
Nonostante i lavori intensivi e le buone intenzioni, la mancanza di accordo su tutti i punti fra i membri delle varie commissioni ha portato allo slittamento della data di presentazione della bozza della costituzione al maggio 2011. Il 28 dicembre 2010 i 27 partiti dell’assemblea costituente si sono riuniti per decidere come procedere per non rimandare la promulgazione della bozza oltre il 15 marzo 2011, visto che sono ancora in discussione 83 questioni importanti che rischiano di far saltare anche questa data.
6. La lotta per il potere e il governo provvisorio: senza un primo ministro
Il problema degli ex soldati e la loro reintegrazione nella società civile, che ha visto un acceso dibattito nel 2007-2008 [AM 2008, pp. 124-125; Garzilli 2008], ha indirettamente causato, il 4 maggio 2009, le dimissioni del primo ministro Pushpa Kamal Dahal, ora segretario dell’Unified Communist Party of Nepal (Maoist). Il motivo è stato il tentativo di Prachanda di far dimettere il generale Rookmangud Katawal, capo di stato maggiore dell’esercito, che aveva rifiutato di integrare gli ex combattenti maoisti nella fila dell’esercito nazionale. Il presidente della repubblica, Ram Baran Yadav, ha dichiarato l’atto di Prachanda incostituzionale. Ciò ha lasciato al primo ministro l’unica scelta possibile: dare le dimissioni per proteggere la democrazia e il processo di pace, come ha dichiarato in un discorso televisivo. Prachanda, però, ha accusato il presidente di prendere decisioni che sono degli attacchi alla nascente democrazia, perché la costituzione ad interim non prevede che il presidente agisca come potere parallelo al primo ministro.
Le dimissioni di Prachanda, subito accettate dal presidente, hanno fatto tramontare, sembra definitivamente, la possibilità d’inserire gli ex ribelli maoisti nelle fila dell’esercito nazionale. I maoisti chiedevano infatti che i loro combattenti, circa 19.000 guerriglieri che alla fine del 2010 si trovavano ancora nei campi gestiti dalle Nazioni Unite, venissero inseriti nell’esercito regolare. Ma i vertici militari si erano sempre opposti a tale richiesta, con la scusa che gli ex combattenti maoisti erano indottrinati politicamente. Il vero motivo è, ovviamente, che i guerriglieri hanno combattuto per oltre dieci anni contro l’esercito al servizio della monarchia. I maoisti nel 2006 avevano vinto le elezioni ma non sono mai stati abbastanza forti politicamente da governare da soli e hanno avuto bisogno di un governo di coalizione. La loro debolezza politica è stata messa in luce ancora una volta dalla loro incapacità di far accettare i loro combattenti come parte integrante dell’esercito del nuovo Nepal post monarchico e democratico.
Dopo le dimissioni del primo ministro, il paese ha attraversato la crisi più grave dal 2006: infatti, al generale Katawal mancavano quattro mesi per andare in pensione, quindi la decisione di Prachanda di chiedere le dimissioni, presa senza il consenso degli altri partiti al governo, è stata vista come il tentativo (alla fine non riuscito) da parte dei maoisti di Prachanda di rafforzarsi politicamente nei confronti del Nepali Congress, sostenuto dal presidente.
Come reazione all’accettazione da parte del presidente delle dimissioni di Prachanda e come dimostrazione di forza, i maoisti hanno dichiarato il bandh, lo sciopero generale, e hanno rivendicato una regione autonoma per ciascuno dei singoli gruppi etnici, cosa che ovviamente avrebbe portato alla disintegrazione dell’unità nazionale.
Come forma di compromesso, in seguito a un accordo interno, il 25 maggio 2009 è stato nominato primo ministro Madhav Kumar Nepal, ex segretario generale del Communist Party of Nepal (Unified Marxist-Leninist), alla testa di un governo di coalizione formato da 22 partiti. Il compromesso, però, non è stato accettato dai maoisti di Prachanda, che rivendicavano il diritto di scegliere il primo ministro, in quanto maggiore partito del paese. Di conseguenza, il 30 giugno 2010, Nepal ha dato le dimissioni per aiutare il paese a uscire dalla paralisi governativa e per far terminare il periodo di confusione.
La carica di primo ministro alla fine del 2010 era ancora vacante e il paese era governato da una coalizione provvisoria, dato che il parlamento aveva tenuto 16 sessioni di voto senza riuscire a eleggere un nuovo primo ministro. Tra l’altro, l’ultima sessione, tenutasi nel novembre 2010, era finita in una zuffa per l’approvazione della legge finanziaria.
Il 28 dicembre 2010 il presidente della repubblica Ram Baran Yadav ha convocato il parlamento per una sessione di lavori il 9 gennaio 2011, un mese prima dell’inizio solito. Il portavoce del Communist Party of Nepal (Maoist) e quello del Nepali Congress hanno dichiarato che i loro partiti cercheranno di superare le loro differenze e di andare avanti negli sforzi di riconciliazione nazionale. Tuttavia, la questione degli ex combattenti rimane irrisolta e ognuno dei partiti maggiori del parlamento vuole che il suo candidato ricopra la carica di primo ministro, anche se nessuno di loro ha la maggioranza dei 601 seggi per governare da solo. L’elezione per un nuovo primo ministro appare, pertanto, particolarmente difficoltosa.
7. Un paese sempre più povero
Con una costituzione ad interim e la costituzione definitiva ancora in sospeso, la mancanza di un primo ministro e la lotta parlamentare fra partiti e fazioni, lo sviluppo economico del Nepal, che sembrava avviarsi verso la ripresa dopo la fine della guerra civile, si è arrestato. A ciò si aggiungono i disordini causati dagli scioperi degli studenti e dei lavoratori che si sono succeduti sia nella capitale, sia lontano dalla valle. Secondo gli ultimi dati ufficiali, il Nepal rimane uno dei paesi più poveri del mondo, con il 24,7% della popolazione che vive sotto il livello di povertà (anno 2008) [CIA «The World Factbook: Nepal»]. La percentuale di disoccupazione è del 46% e colloca il Nepal al 192° posto (dati relativi all’anno 2008). Esporta indumenti, legumi, tappeti, stoffe, juta per 907 milioni di dollari (anno 2008) e importa materie prime, petrolio e derivati, macchinari, oro, materiale elettrico e medicine per 3.626 miliardi (anno 2009). I maggiori partner per l’importazione sono l’India al 52,85% e la Cina al 13,35% (stima del 2009); esporta in India per il 59,95%, negli USA per il 7,87%, in Bangladesh per il 6,04% e in Germania per il 4,89% (2009). Le esportazioni sono quindi molto limitate in confronto al volume delle importazioni, che riguardano tutte le materie prime e le risorse energetiche. Durante la recessione globale del 2009, le rimesse dei lavoratori dall’estero è aumentata del 47%, e questa è stata l’unica fonte di entrate costante. Prima e durante la guerra civile la prima industria del paese era il turismo ma nel 2009 mentre il flusso turistico è diminuito del 1% rispetto al 2008. Non ci sono dati sugli investimenti esteri in Nepal e sugli investimenti nazionali all’estero, che, in ogni caso, sono quasi inesistenti. Il paese ha notevoli capacità di produzione idroelettrica, come si è visto nel 2008 [AM 2008, pp. 122-124], ma l’instabilità politica e gli scioperi in vari parti del paese hanno bloccato gli investimenti stranieri indispensabili per svilupparla.
8. La supremazia civile, le accuse di corruzione, il caos e le nostalgie monarchiche
I partiti politici si sono dimostrati non cooperativi e sostanzialmente impreparati a sostenere un dialogo democratico costruttivo per mandare avanti il paese e far fronte alle scadenze.
Con un governo mutilo, le lotte intestine per il potere, alcuni gruppi armati madhesi lungo il confine meridionale e vari gruppi etnici che richiedono l’autonomia regionale, sostenuti e incoraggiati dai maoisti, si è fatta strada l’idea che la «supremazia civile sull’esercito», invocata dai maoisti, sia fallita e che comunque significasse il governo di un solo partito: il loro [Prasai 2009]. Ciò ha comportato aperte critiche ai maoisti, giunte fino alla dichiarazione che i maoisti meritano la pubblica infamia, critiche fatte da molti osservatori ma, in certi casi, provenienti dagli stessi ranghi del partito [Roy 2010]. In una sessione plenaria del Communist Party of Nepal (Maoist), tenutasi alla fine del novembre 2010 a Palungtar, nonostante le dichiarazioni di flessibilità di Prachanda sono emersi in seno al partito tre diverse linee politiche. La prima è capeggiata da Prachanda; la seconda da Mohan Baidya, l’ex segretario del Communist Party of Nepal (Mashal), il partito formatosi insieme al Communist Party of Nepal (Masal) in seguito alla divisione in seno al Communist Party of Nepal (Fourth Convention); la terza è sotto la leadership del Dr. Baburam Bhattarai, membro permanente del Politburo dell’Unified Communist Party of Nepal (Maoist) e membro dell’assemblea costituente. Tuttavia, la cosa più grave, è che i quadri di partito hanno accusato i vertici, incluso Prachanda, di corruzione, di illeciti e di stile di vita lussuoso. Questa è stata una situazione del tutto nuova per un partito in cui le scelte e lo stile di vita dei leader sono stati sempre esenti da critiche e che, pertanto, ha scatenato reazioni molto forti da parte dei quadri e dei membri del partito.
Il Nepal vede un disaccordo mai verificatosi prima sia fra i vari partiti, sia fra le varie fazioni al loro interno. Prachanda si è dimostrato incapace di governare e viene accusato di voler essere a tutti i costi il premier senza averne le capacità. Dopo aver bloccato il parlamento per quasi due anni, i maoisti sono accusati di provocare lo stallo politico per ragioni di potere. In questa situazione di confusione, di incertezza, di problemi irrisolti e di difficile soluzione, si sta facendo strada la percezione che la costituzione definitiva non sarà pronta entro il termine previsto del maggio 2011. Soprattutto, si sta diffondendo l’idea che, con la monarchia, il paese fosse amministrato meglio.
Riferimenti bibliografici
AM
2008 «Asia Maior». Crisi locali, crisi globali e nuovi equilibri in Asia, Guerini e Associati, Milano 2009.
W/CCD «CentreforConstitutionalDialogue» (http://www.ccd.org.np)
W/CIA «Central Intelligence Agency» The World Factbook: Nepal, 21 dicembre 2010 (https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geoos/np.html).
W/NM «Nepal Monitor. The National Online Journal on Media and Public Affairs: Bill on the Right to Information 2063» (http://www.nepalmonitor.com/2006/11/bill_on_the_right_to_ informati.html).
Constituent Assembly Rules, 2065 (2008)
2008 The Constituent Assembly Rules, 2008. The Constituent Assembly (Conduct of Business of Legislature-Parliament) Rules, 2008, Constituent Assembly Secretariat, Nepal Law Society Lalitpur, International Institute for Democracy and Electoral Assistance, Kathmandu.
Garzilli, Enrica
2008 La fine dell’isolamento del Nepal, la costruzione della sua identità politica e delle sue alleanze regionali, ISPI Policy Brief, n° 107.
Jha, Bal Krishna,
2010 Interview with Pushpa Bhusal, «International IDEA», 25 febbraio (http://www.idea.int/asia_pacific/nepal/interview_pushpa_bhusal.cfm).
Prasai, Dirgha Raj
2009 Nepalese Maoists and Current Situation in Nepal, op-ed contributor, «News Blaze», 6 novembre.
Roy, Bhaskar
2010 Nepal’s Maoists Earn Public Opprobrium, in «South Asia Analysis Group», 8 dicembre (http://www.southasiaanalysis.org/%5Cpape rs43%5Cpaper4218.html).